Le conseguenze del disagio mentale sono tendenzialmente sottostimate sia nel loro impatto sul benessere delle persone sia nelle conseguenze economiche e sociali. L'effetto della pandemia sulla salute mentale è stato enorme, con una prevalenza di ansia e depressione più del doppio dei livelli osservati prima della crisi nella maggior parte dei paesi OECD¹.
Agli inizi del 2020 una indagine condotta sugli operatori sanitari in Italia rilevò che quasi la metà (49%) mostrava segni di sindrome da stress post-traumatico e un quarto dei sintomi di depressione. Questo personale di prima linea aveva probabilità significativamente più elevate di esibire sindrome da stress post-traumatico rispetto a quelli che non hanno riferito di lavorare con pazienti COVID 19².
In generale, da inizio pandemia i livelli di disagio mentale sono aumentati, e la prevalenza di ansia e depressione è addirittura raddoppiata in alcuni paesi. Queste malattie generano costi economici consistenti pari a oltre il 4,2% del prodotto interno lordo (PIL), calcolando i costi diretti delle cure ma anche i costi indiretti legati a tassi di occupazione più bassi e produttività ridotta. Solo con una diagnosi ed assistenza precoce si può pensare di mitigare gli effetti sulla qualità di vita delle persone e l’eccesso di mortalità dei pazienti con disturbi mentali³.
Il rapporto OECD dedicato alle cure in questo ambito sottolinea come in tutti i paesi il problema sia stato trascurato per molto tempo ed evidenzia che in Italia esistono molti divari, malgrado un sistema sanitario teoricamente disegnato per garantire l’accesso all’assistenza anche in questo ambito.
Nel nostro paese, secondo questa rilevazione, ci sono 0,18 psichiatri e 0,07 psicologi ogni 1000 abitanti verso un desiderata di 0,2 e 1/1000 ab. rispettivamente. D’altra parte, la spesa in salute mentale rappresenta solo il 3,4% del totale rispetto all’11% di Germania o 15% della Francia. Certamente conta ancora lo stigma che accompagna questa malattia dato che solo 16,9 persone per 1000 abitanti ricorrono ai servizi di supporto rispetto a una media OECD di 31,5 con punte fra 40 e 60 nei paesi scandinavi.
L’utilizzo di ‘biomarcatori vocali’ per evidenziare patologie grazie all’analisi della conversazione si sta sviluppando in diversi ambiti, dall’identificazione di alcuni problemi cardiovascolari a quella delle malattie respiratorie come nel caso del Covid19. Anche il disagio mentale è stato studiato attraverso sistemi di AI applicati alla voce⁴.
Chi abbia avuto occasione di frequentare persone seriamente depresse ha avuto forse modo di notare alcune caratteristiche nella loro conversazione o tono di voce capaci a tratti di emergere malgrado eventuali sforzi per nascondere il disagio.
Questi frammenti, solo intuiti nelle conversazioni fra amici e familiari, sembra possano essere tracciati e interpretati in ottica predittiva da alcuni algoritmi che applicano l’intelligenza artificiale per segnalare il rischio di aggravamento del disagio mentale a pazienti, clinici, caregiver e familiari⁵.
Negli ultimi diciotto mesi, complice probabilmente la preoccupazione per il diffondersi dei sintomi depressivi da stress, si è registrato un picco di investimenti su questo tipo di tecnologie.
A settembre dello scorso anno una start up che studia test vocali per la depressione e l'ansia, Ellipsis Health⁶, ha dato il via chiudendo un round di finanziamento di serie A da $26 milioni guidato da SJF Ventures. La startup utilizza la tecnologia vocale e l'intelligenza artificiale per misurare i segni di salute comportamentale e individuare coloro che potrebbero aver bisogno dell’intervento di uno specialista. La tecnologia è stata completata in collaborazione con la Corporate Cigna (specializzata in soluzione tecnologiche per ospedali, assicurazioni, etc.) e integrata in una app che, ponendo all’utilizzatore poche domande, analizza in meno di un minuto il linguaggio e il tono di voce, individuando così le persone a rischio.
Pochi mesi più tardi, in febbraio 2022 è la volta di Kintsugi a raccogliere un round importante⁷.
La startup ha sviluppato un test di biomarcatore vocale che esamina la voce alla ricerca di indicazioni audio del disagio mentale. Una clip di 20 secondi, indipendentemente dalla lingua, può essere sezionata e analizzata dall'IA di Kintsugi.
Kintsugi determina se e dove ci sono potenziali indizi sullo stato mentale dell'oratore e li condivide con il paziente e qualsiasi professionista medico approvato dall’utente. La startup ha trasformato il suo algoritmo in un'API aziendale chiamata KiVA e sostiene che questa può identificare la depressione più di quattro volte su cinque.
Molto recentemente (dicembre 2022) gli investitori hanno dato credito a Sonde con un round da 19,25 milioni di scale up (Serie B) sulla loro soluzione di marcatori vocali in gradi di individuare diverse patologie⁸.
La soluzione può misurare sottili indicatori di benessere, in particolare in ambito respiratorio e salute mentale. L'intelligenza artificiale della startup è addestrata con oltre 1,2 milioni di campioni vocali forniti da 85.000 persone e utilizza l'elaborazione del segnale audio e l'apprendimento automatico per selezionare i biomarcatori vocali pertinenti. Sonde ha iniziato concentrandosi sulle malattie respiratorie, incluso COVID-19, prima di ampliare il suo ambito di sviluppo alla salute mentale, ma sono in fase di sviluppo anche applicazioni in altri ambiti.
I test sul benessere psicologico sono disponibili come app su iOS e Android⁹.
La AI sviluppata da Sonde può essere incorporata come API all’interno di varie piattaforme sotto forma di monitoraggio passivo o di test attivi, la startup ha lavorato con aziende di telecomunicazioni e sanitarie per sviluppare nuovi test e ampliare l'uso del suo modello di intelligenza artificiale. Ad esempio, il gigante delle telecomunicazioni KT prevede di incorporare i marcatori di salute vocale come aggiunta passiva al suo assistente vocale e ai call center, nonché ai servizi di telemedicina.
Si tratta solo di alcuni casi specificamente indirizzati al rilevamento del disagio psicologico che testimoniano l’interesse per questo tipo di tecnologia. Ovviamente il tema non solleva soltanto questioni di affidabilità. È sicuramente difficile trovare menzione di trial dedicati basati sull’utilizzo di queste app anche se esistono alcune pubblicazioni che analizzano queste metodologie in ambito clinico (4,5,6,7). Inoltre, l’applicazione pratica solleva importanti questioni etiche specie per quanto riguarda l’inclusione di algoritmi ‘passivi’ in sistemi vocali di ampio utilizzo (voice assistant e call center…) senza la consapevolezza dell’utilizzatore finale.
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