Lo sviluppo di programmi e servizi di digital medicine e gli investimenti in nuove tecnologie senza un adeguato sforzo di alfabetizzazione digitale di pazienti, caregiver e professionisti sanitari sarebbe fallimentare e pericoloso quanto il mettersi al volante di un’auto da corsa senza un minimo di esperienza di guida o addirittura senza la patente.
Il successo della telemedicina e l’alfabetizzazione digitale sanitaria, cioè la capacità di cercare, trovare, comprendere e valutare le informazioni sanitarie da fonti elettroniche e applicare le conoscenze acquisite per affrontare o risolvere un problema di salute vanno di pari passo.
Infatti, le barriere che impediscono ai pazienti di accedere ai servizi di telemedicina e di cogliere tutte le opportunità della digital medicine includono la mancanza di accesso alla tecnologia, l'inadeguata connettività Internet e soprattutto la bassa alfabetizzazione digitale.
Poiché l'uso di tutti gli strumenti della telemedicina ha avuto uno sviluppo senza precedenti negli ultimi due anni il divario digitale è diventato sempre più evidente. Il “digital divide” è una grave incognita per l’accesso equo alla salute oltre che un rischio per il successo delle nuove tecnologie.
Uno degli strumenti più potenti per affrontare il divario fra le risorse disponibili e la domanda di salute, in particolare in situazioni di crisi come quelle pandemiche, infatti è l’ingaggio dei pazienti attraverso le nuove soluzioni di assistenza e medicina digitale.
Poter reperire informazioni autorevoli in rete, accedere rapidamente ai propri dati sanitari, ottenere servizi in modo efficiente e saper contattare medici e strutture specializzate anche attraverso strumenti digitali rappresenta un vantaggio inestimabile che oggi la tecnologia abilita per tutti i cittadini pazienti.
Gli strumenti della telemedicina nella gestione delle terapie croniche hanno dimostrato di poter migliorare significativamente gli outcome su un vasto numero di patologie¹. Per questo la rapida alfabetizzazione digitale sanitaria di tutti i cittadini è un elemento cruciale per ‘mettere a terra’ le opportunità offerte dalla digitalizzazione dei sistemi sanitari più che mai urgente alla vigilia degli imponenti investimenti previsti dal PNNR e dalla sua conseguente accelerazione.
Al momento si tratta di una sfida ancora da vincere. Diversi studi mostrano che i cittadini svantaggiati sotto il profilo socioeconomico, con livelli di scolarizzazione medio bassa o in età avanzata sono meno attrezzati per avvantaggiarsi pienamente di queste tecnologie digitali e dei benefici che la loro salute ne ricaverebbe. L’osservatorio PoliMi nel 2018² aveva già evidenziato con una ricerca su più di 2000 pazienti utenti come l’utilizzo da parte dei diversi strumenti digitali avesse ancora importanti spazi di crescita, soprattutto considerando la fascia di popolazione (35-54 anni) che dovrebbe possedere le competenze necessarie e può accedervi. D’altra parte, ricerche più recenti condotte su specifici cluster di pazienti continuano ad evidenziare difficoltà.
In piena epidemia è stata condotta una survey fra i pazienti della cardiologia presso il policlinico di Genova i cui risultati sono stati riassunti in un articolo sul Journal of Geriatric Cardiology³.
Gli autori hanno studiato l’accesso alla tecnologia per la connessione a strumenti di televisita evidenziando che questa tendeva a decrescere con l’età. Insieme alla caratteristica demografica l’analisi statistica ha mostrato una relazione fra l’accesso alla tecnologia ed il livello di educazione.
Malgrado l’enorme opportunità offerta anche dai più semplici sistemi di televisita per mantenere un follow up adeguato durante le difficoltà della pandemia, gli autori concludono sottolineando che in un contesto di real world fra i loro pazienti esiste ancora un divario digitale che ostacola l’implementazione della telemedicina e che per poter attivare queste soluzioni è importante colmare le lacune nelle competenze digitali degli utenti, con l'età e il livello di istruzione che sono, al momento, i fattori chiave che condizionano l'alfabetizzazione digitale.
Considerando queste determinanti, sono tuttora valide le raccomandazioni sul tema pubblicate poco prima della pandemia da due cardiologi americani Banjamin Smith e Jared Magnani, sull’International Journal of Cardiology⁴.
In particolare, delle 18 raccomandazioni elencate, tenendo conto del peso di situazione anagrafica e condizione socioeconomica, vale la pena di ricordare:
In particolare, l’alfabetizzazione digitale risulterebbe più agevole se nel disegnare soluzioni di telemedicina i pazienti fossero messi al centro sin dalle fasi di progettazione, una pratica ancora assai poco diffusa.
Il piano di sviluppo per il nuovo FSE così come le iniziative per accelerare la realizzazione della piattaforma nazionale di telemedicina sembrano essere indirizzati su binari ben definiti con tempistiche e definizione di responsabilità. Il terzo pilastro della missione sei invece, centrato sullo “sviluppo della cultura digitale in sanità”, appare meno indirizzato in particolare per quello che riguarda l’alfabetizzazione digitale dei pazienti.
Tutte le iniziative ed i programmi di telemedicina dovrebbero includere attività di educazione ed ingaggio dei pazienti-utenti. L’interesse di pazienti e care-giver è molto alto come ha mostrato recentemente una ricerca condotta da daVi Digital Medicine presso le associazioni pazienti nell’ambito del progetto ‘Paziente esperto in ...’ della fondazione SmithKline⁵.
La ricerca ha mostrato in particolare che:
Non manca dunque la motivazione e la consapevolezza degli utenti e delle loro organizzazioni.
La sfida di colmare il divario digitale, sebbene complessa, può essere superata allocando le risorse per fornire opportunità a coloro che sono più svantaggiati e consentire loro accesso ai vantaggi della digitalizzazione.
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