Mentre in Italia si dibatte la decisione del garante per la privacy che ha messo in discussione la possibilità di utilizzare i dati dei singoli pazienti per coinvolgerli in programmi di medicina di iniziativa, cioè processare i loro dati sanitari per migliorare e rendere proattive le attività di prevenzione e follow up che li riguardano direttamente, c’è un paese soggetto alla stessa regolamentazione europea che ha sviluppato un solido processo di uso secondario dei dati paziente anonimizzati per scopi scientifici.
Il regolamento GDPR è un pilastro di garanzia per la protezione dei dati personali dei cittadini europei teso limitare lo sfruttamento commerciale delle informazioni sensibili che ci riguardano. La legge, tuttavia, consente deroghe per quanto riguarda il loro utilizzo a scopi scientifici e di ricerca, purché normate da precise leggi definite dagli Stati membri.
Si tratta dunque di voler approcciare un problema certamente delicatissimo con l’obiettivo di supportare il bene comune.
Può quindi essere utile il confronto con realtà che hanno affrontato il tema per far convivere la riservatezza e l’opportunità di far tesoro di enormi e ricchissime quantità di dati a beneficio della popolazione.
La Finlandia si caratterizza per due aspetti che hanno sicuramente operato come catalizzatori in questo senso:
Il paese ha da qualche anno approvato la ¹legge sull’uso secondario dei dati sanitari 552/2019 (in finlandese: Laki sosiaali) che ha fornito una chiara base giuridica per l'uso di tali dati digitalizzati ai fini di ricerca e innovazione relative a salute, prevenzione e sviluppo di nuove terapie. Con questa iniziativa il paese ha unificato le regole in vigore nelle varie regioni del paese riportando la responsabilità di vagliare e gestire le richieste a un unico ente.
Con la creazione di questo ente – Findata - nel 2020, la Finlandia ha anticipato la richiesta di valutare in ottica di ‘bene comune’ alcune indicazioni del GDPR che ha portato altrove all’avvio di iniziative nel settore sanitario volte a promuovere l'uso secondario dei dati. Alcune di queste sono guidate dai responsabili politici, come lo European Health Data Space (spazio europeo dei dati sanitari) annunciato a inizio 2022, mentre altre sono proposte della società civile e fanno leva sui concetti di donazione dei dati e altruismo dei dati.
L’organizzazione finlandese non è scevra da complessità e burocrazia ma è un concreto esempio di servizio alla ricerca attraverso un uso organizzato di dati sanitari.
Certamente è un vantaggio che il paese sia dotato di una infrastruttura tecnologica solida (è pur sempre la patria di Nokia che ha lasciato in eredità anche migliaia di tecnici capaci proprio agli albori dell’era digitale) e presenti una cultura digitale diffusa.
I grandi ospedali finlandesi, quindi hanno potuto costruire e sviluppare basi dati estremamente dettagliate.
Un esempio è quello raccolto dall’Helsinki University Hospital (HUS) che da decenni raccoglie dati digitalmente: infatti, le cartelle cliniche elettroniche sono state archiviate digitalmente a partire dagli anni '80, inoltre, da circa 10-20 anni, i test di laboratorio, le radiografie e altre cartelle cliniche dei 2,8 milioni di visite annuali dei pazienti presso l'ospedale sono accessibili in formato digitale.
Qualche anno fa, la direzione ICT di HUS ha iniziato a cercare un modo per sfruttare al meglio questo tesoro digitale e in collaborazione con un partner tecnologico ha creato un data lake per esplorare i dati al meglio. Il prodotto finale – HUS DataLake – consente l'analisi di enormi set di dati sanitari al fine di creare, ad esempio, previsioni relative all'assistenza sanitaria. Il database si sta ulteriormente sviluppando attraverso un flusso costante di 2-3 milioni di visite annuali che arricchiscono i registri HUS con una varietà di informazioni relative a casi clinici, diagnosi, risultati di laboratorio, diagnostica per immagini, genomica, interventi chirurgici, farmaci...
La navigazione e lo sfruttamento di informazioni tanto complesse non è immediato, ma lo sforzo inizia a dare i suoi frutti.
L’applicazione di metodi statistici appropriati su centinaia di migliaia di pazienti (Fig.1) ha consentito di estrapolare interessanti osservazioni riguardanti la distribuzione e la varianza delle 100 patologie croniche più comuni suggerendo la possibilità di approcci terapeutici e di prevenzione personalizzati.
Un primo articolo pubblicato su queste basi a fine 2022 ²Data-driven comorbidity analysis of 100 common disorders reveals patient subgroups with differing mortality risks and laboratory correlates ha messo in luce, partendo da questa immensa fonte informativa, come l'eterogeneità della popolazione che soffre di una malattia, in parte dovuta alla comorbilità, pone diverse complessità. Gli autori sottolineano in particolare che i profili di comorbilità individuali, contengono informazioni utili per affinare la fenotipizzazione, la prognosi e la valutazione del rischio, fornendo indizi sulla biologia sottostante. Inoltre, la variazione degli esiti e dei correlati biologici di una malattia supporta l'importanza di valutare meglio la generalizzabilità degli attuali approcci terapeutici e di considerare con attenzione i limiti che i criteri di inclusione selettiva pongono agli studi clinici.
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