In Italia l'insufficienza cardiaca (HF) è la prima causa di ospedalizzazione dopo i 65 anni di età¹. Secondo i dati riportati anche dal sito del Ministero della Salute, ne soffrono circa 600.000 concittadini e la sua prevalenza raddoppia ad ogni decade di età toccando il 10% dopo i sessantacinque anni.
Per questo è vitale identificare nuovi strumenti di cura e monitoraggio per contenere le sequele più gravi, incluse le soluzioni di medicina digitale. Una start-up attiva in Svezia sta lavorando ad un sistema di monitoraggio remoto non invasivo.
L’insufficienza cardiaca è una patologia complessa in cui il cuore non è in grado di soddisfare le richieste metaboliche del corpo perché non riesce a contrarsi (sistole) e/o di rilasciarsi (diastole) in maniera adeguata. L’eziologia della malattia è articolata e non del tutto chiara, e spesso sono presenti altre situazioni cliniche che ne complicano la terapia.
Il National Institute for Cardiovascular Outcomes Research ha suggerito che la mortalità nei pazienti ospedalizzati con HF tocca l’8,9% durante il ricovero², con un terzo dei pazienti dimessi deceduti entro dodici mesi. I tassi di sopravvivenza post ricovero sono simili a quelli del cancro al colon, ma peggiori del cancro al seno o alla prostata.
Inizialmente i malati riescono a bilanciare lo scompenso ma con il passare del tempo questi meccanismi compromettono la gittata cardiaca ed hanno effetti pericolosi come l’ipertrofia ventricolare (a causa di una pressione ventricolare persistentemente elevata) o disfunzioni renali gravi.
La Società Europea di Cardiologia definisce lo scompenso cardiaco come una sindrome caratterizzata da molteplici sintomi quali, respiro corto, affaticamento, aumento del BPM e della pressione alla giugulare. La diagnosi viene effettuata dai medici valutando storia clinica, esame fisico e risultati di indagini specifiche ed è importantissimo tenere sotto controllo segnali di rischio in fase di follow-up.
La complicanza più pericolosa dello scompenso, causata dalla rigidità del ventricolo, è l’aumento della pressione polmonare. A causa dell'incapacità del ventricolo di espellere abbastanza sangue, la pressione polmonare aumenta, spingendo il fluido nell'area alveolare dai capillari.
Quando un paziente assume una postura supina, più sangue venoso ritorna nel cuore e nella circolazione polmonare, aumentando la pressione polmonare e consentendo al fluido di migrare nello spazio alveolare. Il paziente percepisce una sensazione di affanno (ortopnea) che è causata dall’aumento di sangue venoso che scorre nel cuore e dalla circolazione polmonare. La misurazione della pressione arteriosa polmonare è un elemento critico da controllare per ridurre aggravamenti, ospedalizzazioni e fatalità nei pazienti scompensati.
Il cateterismo cardiaco destro è un esame invasivo che si effettua in anestesia locale con l’introduzione, attraverso una vena di grosso calibro (in genere la vena femorale a livello dell’inguine), di un catetere che attraverso il cuore arriva fino all’arteria polmonare. Questo permette di monitorare parametri utili a valutare condizioni di cardiomiopatia o pericardite ed è utilizzato in preparazione ad interventi di trapianto o impianto di medical device. Attualmente è lo strumento più importante per diagnosticare l’ipertensione polmonare e valutare gli interventi più opportuni. Si tratta di una manovra a basso rischio ma piuttosto costosa che coinvolge pazienti già fisicamente e psicologicamente molto fragili.
Purtroppo, è indispensabile per cercare di limitare le ri-ospedalizzazioni che interessano una importante percentuale dei pazienti che entrano in ospedale, molte delle quali con un follow-up ottimizzato, potrebbero essere evitate.
La startup basata in Svezia Acorai³, sta studiando una soluzione di monitoraggio non invasivo che potrebbe trasformare la procedura standard per misurare la pressione dell'arteria polmonare in modo altrettanto accurato rispetto alla cateterizzazione cardiaca. Il sistema si basa su una combinazione unica di sensori visivi, di movimento, acustici, elettrocardiografici e di pressione unita a un motore di machine learning che applica nuove intuizioni sui segnali di pressione e sulla segmentazione del rumore, consentendo la tracciabilità e la comprensione di quanto viene registrato.
La soluzione Acorai ha già ottenuto tre brevetti (ed altrettanti sono pending) a protezione del sistema hardware e della applicazione di machine learning.
Con questo sistema il paziente non si deve sottoporre a trattamenti invasivi e quindi le misurazioni possono essere molto più frequenti. Il dispositivo, infatti, viene semplicemente tenuto sul petto del paziente quindi l’operazione non richiede un setting ospedaliero o una equipe medico chirurgica. È sufficiente una formazione molto breve per apprenderne l’utilizzo e così i dati vengono automaticamente registrati dai diversi sensori, interpretati dalla applicazione di ML e visualizzati per l’operatore sanitario.
La soluzione studiata da Acorai è attualmente oggetto di due studi clinici in importanti strutture ospedaliere europee. Se i risultati saranno incoraggianti, la tecnologia proposta potrà migliorare significativamente la gestione dei pazienti scompensati facilitandone il follow up con uno strumento non invasivo, meno costoso e soprattutto più accettabile per dei pazienti già in condizioni di grande fragilità fisica e psicologica.
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