L’evoluzione demografica del nostro Paese, con aspettative di vita fra le più lunghe nella regione europea¹ , malgrado l’inversione di tendenza dovuta alla pandemia, rende particolarmente critica per i sistemi sanitari la gestione delle patologie croniche più invalidanti e che tendono ad aumentare il loro impatto con l’aumentare dell’età. La fibrillazione atriale è sicuramente una di queste. La fibrillazione atriale è un tipo di aritmia cardiaca che si associa a molte complicanze in grado di compromettere seriamente la qualità della vita dei pazienti.
Il disturbo si origina quando l’attività degli atri del cuore è disorganizzata e, di conseguenza, le contrazioni risultano più veloci del dovuto e irregolari, provocando una sintomatologia associabile allo scompenso cardiaco.
Viene causata da impulsi elettrici anomali delle cellule cardiache che si trovano dove non dovrebbero essere, ossia nelle vene polmonari, entità anatomiche deputate a trasportare il sangue ossigenato dai polmoni all’atrio sinistro del cuore. I fattori di rischio più comuni per questa patologia sono l’ipertensione arteriosa, lo scompenso cardiaco e l’infarto miocardico pregresso, ma esistono casistiche correlate a vizi valvolari o patologie tiroidee e polmonari.
Si tratta di una patologia associata ad alti costi sociali ed economici.
In Italia, il progetto FAI ha permesso di calcolare la diffusione della patologia. I dati dello studio standardizzati sulla composizione demografica dell’intera popolazione italiana portano a una frequenza della fibrillazione atriale dell’8,3%, con tassi del 9,1% negli uomini e del 7,3% nelle donne. La prevalenza della patologia aumenta significativamente con l’età fino a 16.1% per i pazienti con oltre ottantacinque anni.
Il dato del FAI indica che in Italia un anziano su 12 è affetto da fibrillazione atriale, quindi più di un milione di persone con quasi 82.000 nuove diagnosi ogni anno.
La malattia è spesso associata ad altre patologie (l’80% dei pazienti soffre di altre malattie) perché fra gli altri, aumenta significativamente il rischio di ictus, insufficienza cardiaca e nefropatie³. Purtroppo, la FA incrementa il rischio di fatalità, infatti, anche senza la presenza di altre condizioni, i pazienti con FA hanno un rischio di mortalità maggiore del 46% rispetto a quelli senza FA, secondo dati derivate da studi condotti negli ultimi 5 anni⁴.
I costi sanitari collegati alla fibrillazione atriale considerato il numero di casi e la serietà degli episodi sono altissimi. Diversi studi condotti su dati dei Paesi UE portano a una stima fino al 2,6% della spesa sanitaria annuale totale collegata alla FA. I costi diretti per il trattamento dei pazienti con fibrillazione nei principali Paesi europei sono abbastanza simili. L’Italia è nella media con circa 3.000€ mentre i costi indiretti sono più complessi da stimare e variano molto⁵.
Il peso economico è associato alle frequenti ospedalizzazioni anche in terapia intensiva e alle prestazioni interventistiche (ablazioni). Considerata la natura invalidante e i tassi di fatalità oltre ai costi economici, dunque, soluzioni atte ad alleviare e diradare le riacutizzazioni sono estremamente interessanti dal punto di vista clinico e farmaco-economico.
Fra le soluzioni di digital medicine attualmente allo studio, il servizio CardiaCare sviluppato da una startup israeliana (attualmente non ancora in commercio) presenta diversi elementi interessanti. Si tratta di un dispositivo indossabile con sistema di monitoraggio continuo per il rilevamento e la previsione di eventi di aritmia con analisi dei dati raccolti attraverso dei sensori e registrati su cloud che applica algoritmi personalizzati per mitigare gli effetti della patologia.
La tecnologia di CardiaCare utilizza la neuro-modulazione periferica non invasiva per mediare una risposta cardiovascolare antiaritmica che riduce il carico di fibrillazione atriale. La tecnologia impiega un approccio a circuito chiuso, che coinvolge il monitoraggio e la terapia. Il braccialetto indossabile combina sensori ECG e PPG avanzati con algoritmi di trattamento basati sull'intelligenza artificiale per indurre uno stimolo di neuro-modulazione.
La neuro-modulazione di CardiaCare dei nervi mediano e ulnare bilancia il tono simpatico (stellato) e parasimpatico (vago) attraverso il plesso brachiale. Ciò induce una risposta antiaritmica cardiovascolare, riduce le contrazioni atriali premature, modula la frequenza cardiaca e il ritmo e riduce i trigger e il carico della fibrillazione atriale.
Il sistema ha completato con successo il suo primo studio clinico umano in pazienti con fibrillazione atriale.
I risultati sono stati pubblicati a inizio 2022⁶. Basandosi su recenti evidenze, per cui la stimolazione del nervo vago sopprime la fibrillazione atriale negli esseri umani e la neuro-modulazione nervosa mediana mostra di ridurre le aritmie ventricolari e atriali nei modelli preclinici, lo studio ha analizzato l’effetto di questo dispositivo indossabile su un numero limitato di pazienti ricoverati al pronto soccorso del Chaim Sheba Medical Center.
I pazienti hanno ricevuto il dispositivo per condurre otto settimane di terapia e monitoraggio della neuro-modulazione domiciliare. I risultati hanno dimostrato un elevato profilo di sicurezza ed una significativa riduzione acuta degli eventi di aritmia precursori della fibrillazione atriale e una riduzione a lungo termine dei tassi di recidiva dopo la dimissione dall'ospedale.
Si tratta di risultati incoraggianti benché registrati su un numero molto limitato di casi (11 pazienti arruolati).
Oltre ai promettenti risultati terapeutici, lo studio ha anche dimostrato la ‘usability’ del sistema nella realtà della assistenza domiciliare di questi pazienti.
Si tratta ovviamente di risultati più che preliminari, tuttavia, in caso di conferma anche meno marcata degli effetti della neuro-modulazione di CardiaCare sulle riacutizzazioni, la soluzione si posizionerebbe come un presidio importante per migliorare la qualità di vita dei pazienti e contenere i costi associati alla patologia.
La fibrillazione atriale viene infatti definita come una delle nuove epidemie del secolo e si stima che entro il 2030 i malati crescano del 70%⁷, portando il nostro continente a detenere il record di pazienti a livello globale⁸.
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