L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato recentemente due studi molto interessanti riguardanti l’implementazione delle tecnologie digitali in sanità confrontando le politiche di misurazione dei risultati messe in atto e soprattutto il reale accesso per i cittadini europei. I risultati sollevano interrogativi sulle aspettative nate dalla digital health e l’esigenza di ripensare la sua implementazione.
Misurare, misurare…
Lo scenario descritto dallo studio ‘Monitoring the implementation of digital health: an overview of selected national and international methodologies’¹ mostra che globalmente sono stati compiuti molti progressi nel monitorare lo sviluppo delle tecnologie digitali in questo settore, ma cita anche la difficoltà incontrata nel tenere il passo con i rapidi sviluppi del settore.
In particolare, stanno emergendo come priorità critiche la misurazione della governance, del riutilizzo dei dati sanitari e la disponibilità tecnica e operativa a condividere tali dati a fini statistici e di ricerca (ad esempio l'interoperabilità a livello di sistema).
Lo studio ha preso in esame un sottoinsieme di paesi nelle Americhe e in Europa (Danimarca, Olanda e Italia) e conclude la review dei sistemi analizzati con alcune raccomandazioni generali:
In genere queste informazioni sono gestite da enti diversi e questo rende complesso costruire un quadro di insieme e ancor più difficile realizzare un benchmark internazionale.
L’accesso alla telemedicina
La sintesi del report aggiunge un ulteriore punto di attenzione che riguarda la telemedicina. Il settore ha subito una accelerazione inaspettata durante la pandemia. Al momento è quindi particolarmente importante che le istituzioni siano in grado di misurarne gli impatti effettivi e comprenderne il potenziale per i singoli sistemi sanitari. In particolare, si sottolinea l’importanza di elaborare KPI per valutare usabilità e accesso effettivo a questa tecnologia.
Sottovalutare le necessità tecnologiche e le competenze necessarie per accedere pienamente a questi servizi in rapida diffusione, significherebbe infatti esacerbare le differenze di reale accesso all’assistenza sanitaria. L'usabilità e l’accesso alle applicazioni di telemedicina dovrebbe quindi essere un obiettivo chiave della misurazione in questo settore.
Il lato ‘oscuro’ della salute digitale
Il tema viene discusso nello studio ‘Equity within digital health technology within the WHO European Region: a scoping review’² partendo dall’assunto che vi sia il rischio di ampliare le disuguaglianze esistenti in materia di salute se non vengono considerate e affrontate le disuguaglianze note nell'accesso, nell'uso e nell'impegno della tecnologia digitale.
Per portare avanti l’analisi sui fattori che influenzano la possibilità di utilizzare la digital health è stata utilizzata la definizione di salute digitale dell'OMS: "il campo della conoscenza e della pratica associati allo sviluppo e all'uso delle tecnologie digitali per migliorare la salute".
Una definizione ampia che include consumatori digitali che utilizzano dispositivi indossabili ma anche tecnologie digitali come l'intelligenza artificiale, i big data e la robotica.
Lo studio ha analizzato retrospettivamente un ampio numero di pubblicazioni per identificare correlazioni significative di fattori demografici, sociali e ambientali con la possibilità di effettivo utilizzo alle soluzioni di digital health. Le conclusioni dell’analisi sulle pubblicazioni considerate sottolineano alcuni punti interessanti e meritevoli di azioni migliorative:
Il sistema di analisi sociale “PROGRESS PLUS”
La retrospettiva ha ricercato negli studi misurazioni relative ad accesso, utilizzo e ingaggio verso soluzioni di sanità digitali attraverso i fattori del sistema di analisi sociale PROGRESS PLUS, acronimo di:
In questo contesto la religione è stata accorpata con cultura e razza perché non sono stati identificati articoli che la includessero nelle analisi.
I risultati registrati in letteratura non sorprendono e corrispondono intuitivamente a quanto possiamo immaginare relativamente all’utilizzo delle tecnologie in tutte le applicazioni della vita quotidiana. Sono state trovate, infatti, prove coerenti del maggiore uso di DHT:
Accelerazione e “ubriacatura digitale”
Queste evidenze dovrebbero indurre una riflessione importante. L’accelerazione dell’evoluzione digitale sperimentata durante la pandemia ha forse causato una ‘ubriacatura digitale’ pericolosa.
Con qualche eccezione, la popolazione più fragile è ancora la più lontana dalla possibilità di avvalersi di queste tecnologie. Anziani, malati complessi, persone con limitata scolarizzazione o abitanti in zone remote (individui che spesso sommano più di una di queste caratteristiche) hanno obiettive difficoltà ad avvalersi delle soluzioni di DHT. Non a caso nei mesi più critici dell’emergenza, se lo hanno fatto per ottenere servizi (prescrizioni, prenotazioni vaccini, teleconsulti) è stato possibile grazie alla intermediazione di terzi (famigliari, farmacie, … e per i vaccini, anche postini, tabaccai e baristi). La situazione è comprensibile considerando la relativa ‘immaturità’ della situazione nel nostro paese rispetto a contesti in cui la digitalizzazione della sanità è iniziata prima (per esempio quelli Nordici).
Una transizione ancora lunga
Occorre quindi pensare a una governance che gestisca una transizione ancora lunga lavorando sicuramente su una ottimizzazione delle progettazioni per rendere i sistemi sempre più ‘amichevoli’ per l’utente (e anche i giovani digital savvy ringrazieranno), ma soprattutto rafforzando la rete di ‘intermediazione’ che rende accessibile l’infrastruttura digitale ai cittadini che ne hanno bisogno.
Farmacisti, medici di base e specialisti devono poter contare su piattaforme effettivamente interoperabili ed efficienti che facilitino il lavoro di assistenza dalla prescrizione alla telemedicina, e devono, di conseguenza, essere supportati nel modificare i loro approcci.
I caregiver, i familiari e non (e un mondo di badanti a cui deve esser data la possibilità di conoscere gli strumenti a disposizione dei loro assistiti) devono disporre di strumenti che li aiutino, a casa e da remoto, a costruire una rete di protezione efficacie.
La tecnologia digitale, sempre meglio progettata, va inserita in un programma più ampio fino a quando non ci saranno condizioni sociodemografiche più favorevoli all’espressione di tutto il suo potenziale. In caso contrario è altissimo il rischio di ‘bruciare’ questa opportunità e al contempo indebolire ulteriormente il sistema nel suo insieme, specialmente nei confronti delle popolazioni più fragili.
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