La medicina narrativa è un approccio clinico che valorizza le storie dei pazienti per comprendere meglio le loro esperienze di malattia e personalizzare le cure.
Con l'avvento delle tecnologie digitali e dei social media, questo approccio ha trovato nuovi canali di espressione, dando vita a comunità online dove pazienti, caregiver e professionisti sanitari condividono esperienze, informazioni e supporto reciproco.
La medicina narrativa, o narrative-based medicine (NBM), è un approccio clinico che integra le competenze narrative nella pratica medica per comprendere e valorizzare le storie dei pazienti. Questo metodo si basa sull'ascolto attivo e sull'interpretazione delle narrazioni dei pazienti, con l'obiettivo di costruire percorsi di cura personalizzati e più efficaci.
Secondo la Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN), la medicina narrativa è "una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)".
Questo metodo non sostituisce la medicina basata sulle evidenze (EBM), ma la integra, offrendo una visione più completa e personalizzata del paziente. Secondo l'Istituto Superiore di Sanità, la medicina narrativa "si integra con l’Evidence-Based Medicine (EBM) e, tenendo conto della pluralità delle prospettive, rende le decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate".
Con la diffusione di internet e dei social media, le narrazioni dei pazienti hanno trovato nuovi spazi di condivisione. Piattaforme come forum, blog e gruppi sui social network permettono ai pazienti di raccontare le proprie esperienze, trovare supporto e confrontarsi con altri nella stessa situazione. Questo fenomeno ha dato origine alla medicina narrativa digitale, che utilizza strumenti online per raccogliere e analizzare le storie dei pazienti, facilitando una comunicazione più immediata e accessibile.
Per essere ricompresa nella pratica clinica, la medicina narrativa però non si può improvvisare. Non basta raccogliere a caso post dai social media, ma il racconto del paziente va strutturato con tracce specifiche da seguire. I racconti poi, di solito scritti (ma si può usare anche il disegno e altre forme espressive) vengono analizzati dai professionisti sanitari (anche con l’aiuto di facilitatori) per aiutare a capire il significato dietro a parole, concetti e metafore.
Ecco come funziona in concreto la medicina narrativa:
Raccolta delle narrazioni:
Interpretazione delle narrazioni:
Metodi utilizzati:
Le comunità digitali, come quelle offerte dai social media, rappresentano un luogo dove i pazienti possono condividere le proprie storie, ricevere consigli e sentirsi parte di un gruppo che comprende le loro sfide.
Queste piattaforme offrono numerosi vantaggi:
- Supporto emotivo: condividere esperienze personali aiuta a ridurre il senso di isolamento e a trovare conforto in chi ha vissuto situazioni simili.
- Scambio di informazioni: i pazienti possono ottenere consigli pratici su come gestire la malattia nella vita quotidiana.
- Empowerment: la condivisione di storie incoraggia i pazienti a prendere un ruolo attivo nel proprio percorso di cura.
Detto questo, il canale digitale è solo un canale che da solo non produce medicina narrativa. Per farla in concreto, occorre convogliare questi pensieri con il supporto dei professionisti sanitari. Un esempio significativo è il progetto "R-Esistere" della Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN), che ha raccolto testimonianze durante la pandemia da COVID-19, offrendo uno spazio di ascolto e condivisione per pazienti e operatori sanitari.
Scrivere la propria storia sui social non è medicina narrativa
I social media non sono solo strumenti di condivisione tra pazienti, ma possono essere utilizzati anche dai professionisti sanitari per comprendere meglio le esperienze dei loro assistiti. Piattaforme come X, Facebook e Instagram offrono insight sulle preoccupazioni, le domande e le esigenze dei pazienti, permettendo ai medici di adattare le proprie comunicazioni e strategie terapeutiche di conseguenza. Ma, come detto, un post sui social non può essere definito medicina narrativa, lo diventa nel momento in cui viene inglobato in un racconto supervisionato dal professionista sanitario. È utile quindi comprendere che una persona che si sfoga sui social e racconta la propria malattia non sta facendo medicina narrativa in senso proprio, si sta aprendo e confidando, raccontando fatti che, in una logica di racconto supervisionato da un professionista, potrebbero rientrare in un percorso di medicina narrativa.
Le differenze tra scrittura sui social e medicina narrativa
Scrivere sui social la propria storia di malattia non si configura come medicina narrativa, ma piuttosto come un atto di sfogo che può avere implicazioni diverse rispetto alla narrazione terapeutica tradizionale. La medicina narrativa è un approccio che utilizza la narrazione per comprendere e dare senso all'esperienza della malattia, favorendo una connessione profonda tra paziente e medico e promuovendo una visione olistica della salute. Cosa che non può avvenire sui social, dove la scrittura tende a essere impulsiva e superficiale.
La scrittura sui social è spesso caratterizzata da un "sfogo compulsivo", dove gli utenti condividono rapidamente i loro pensieri e sentimenti senza una riflessione profonda.
Questo può portare a una narrazione disorganizzata e a una mancanza di significato.
Al contrario, la medicina narrativa richiede una riflessione attenta, permettendo ai pazienti di elaborare le loro esperienze in modo significativo e strutturato.
Le storie condivise sui social possono essere influenzate dalla ricerca di approvazione immediata (like, commenti), riducendo la qualità del contenuto narrativo.
Questo porta a una forma di comunicazione che può essere più narcisistica che terapeutica.
La medicina narrativa, invece, si concentra sulla qualità della narrazione e sul suo potere curativo, cercando di costruire un legame tra il vissuto del paziente e il contesto sociale e culturale.
L'uso compulsivo dei social per raccontare esperienze di malattia può portare a sentimenti di isolamento e solitudine, poiché i lettori possono sentirsi sopraffatti da lamentele e negatività.
In contrasto, la medicina narrativa mira a creare comunità di supporto e comprensione reciproca, facilitando il dialogo tra pazienti e professionisti della salute.
In sintesi, mentre la scrittura sui social può offrire uno spazio per l'espressione immediata delle emozioni legate alla malattia, essa non sostituisce il valore della medicina narrativa. Quest'ultima richiede una maggiore introspezione e un approccio più strutturato che può realmente contribuire al benessere del paziente. Per ottenere benefici terapeutici reali, è fondamentale passare da un racconto superficiale a una narrazione consapevole e riflessiva.
La medicina narrativa digitale si avvale di piattaforme specifiche progettate per raccogliere e analizzare le narrazioni dei pazienti in modo strutturato.
Un esempio è DNM (Digital Narrative Medicine), una piattaforma italiana che facilita la raccolta di storie dei pazienti, integrandole nel percorso di cura e offrendo ai medici una visione più completa delle esperienze dei loro assistiti.
Questi strumenti digitali permettono di:
- Monitorare l'evoluzione della malattia: attraverso narrazioni periodiche, i medici possono seguire l'andamento della patologia e l'impatto delle terapie.
- Personalizzare le cure: comprendendo le esigenze e le preferenze del paziente, è possibile adattare le strategie terapeutiche.
- Migliorare la comunicazione: le piattaforme digitali offrono canali aggiuntivi per il dialogo tra medico e paziente, facilitando la condivisione di informazioni e feedback.
Ci vuole formazione e consapevolezza
Nonostante i numerosi vantaggi, lo sviluppo medicina narrativa digitale nella pratica clinica presenta alcune sfide:
- Formazione dei professionisti: è necessario che medici e operatori sanitari acquisiscano competenze specifiche nell'uso degli strumenti digitali e nella gestione delle narrazioni dei pazienti.
- Gestione della privacy: la condivisione di informazioni personali online richiede misure adeguate a garantire la riservatezza e la sicurezza dei dati.
- Qualità delle informazioni: è fondamentale assicurarsi che le informazioni condivise nelle comunità digitali siano accurate e basate su evidenze scientifiche, evitando la diffusione di fake news o consigli non validati.
L'ascolto delle storie dei pazienti, facilitato dagli strumenti digitali, offre una comprensione più profonda delle loro esperienze, contribuendo a un approccio terapeutico più umano e centrato sulla persona. È essenziale continuare a sviluppare e implementare queste pratiche, affrontando le sfide connesse e promuovendo una cultura della cura basata sull'empatia e sulla comprensione reciproca.