L’Italia è un paese con demografia drammaticamente sbilanciata sulle fasce più anziane della popolazione e benché la qualità di vita e l’efficienza del sistema sanitario giochino a favore, gli effetti di questa situazione hanno un impatto importante sulla sostenibilità del sistema. La transizione digitale può certamente alleviarne gli effetti, anche in ambito sanitario.
Nel nostro paese nel 2019 la speranza di vita alla nascita era di 81,1 anni per gli uomini e di 85,4 per le donne. Ma i differenziali in anni tra speranza di vita e speranza di vita in buona salute alla nascita erano del -22% per le donne e -18% per gli uomini (che salgono a -60% e -50% dopo i 65 anni rispettivamente) ¹. Il dato sottolinea l’urgenza di contenere progressivamente questo differenziale per migliorare la qualità di vita delle persone e alleviare l’impegno per la comunità.
A inizio di quest’anno la presentazione dello studio a cura di Agenas ‘LOGICHE E STRUMENTI GESTIONALI E DIGITALI PER LA PRESA IN CARICO DELLA CRONICITÀ Manuale operativo e buone pratiche per ispirare e supportare l’implementazione del PNRR’² ha trattato questo tema in profondità ed evidenziato lo stato dell’arte relativo alla presa in carico di cronicità e fragilità nel nostro paese segnalando alcune best practice a livello europeo in cui la tecnologia riveste un ruolo chiave.
Secondo il report ‘La definizione di un modello di assistenza territoriale capillare su tutto il territorio nazionale che sia in grado di rispondere ai bisogni di salute della comunità di riferimento, …nonché la popolazione con una o più patologie croniche o con disabilità, non può prescindere dal potenziamento dell’assistenza domiciliare...i servizi di assistenza domiciliare, che mirano a mantenere nel proprio contesto domiciliare i pazienti, risultano più che mai indispensabili e in linea con le raccomandazioni della Commissione Europea del 2019 o ancor prima con quanto scritto nel Piano nazionale cronicità 2016.’
Un sistema rafforzato di assistenza domiciliare rappresenta la risposta più adeguata alla prevenzione di complicanze e riduzione dei ricoveri ospedalieri considerando che negli ultimi anni, anche in Italia, sta aumentando il numero di persone anziane sole: il 25% degli ultrasessantacinquenni (il 27% se si considerano solo gli ultrasettantacinquenni) ritiene di non poter contare su nessuno in caso di bisogno. Per il nostro paese si tratta di uno scenario nuovo dal punto vista assistenziale³.
Benché non esista una definizione univoca di fragilità, l’invecchiamento è direttamente collegato al crescere dei livelli di dipendenza e co-morbilità. Gli anziani fragili solo quasi il 18% e toccano il 47% fra i grandi anziani (over 85)⁴.
Secondo i dati Eurostat l’Italia ha un numero di medici per abitante in linea rispetto alla media Europea, benché la realtà degli ultimi due anni mostri che esiste una indubbia carenza di medici di base a copertura delle necessità del territorio. La situazione si è sicuramente aggravata recentemente poiché nel 2017 (ultimo dato ufficiale disponibile) capitanavamo la classifica dei professionisti over 55 con un significativo numero di medici in procinto di andare in pensione. Al dato puramente demografico si aggiungono gli ostacoli a livello di formazione e assunzione dei nuovi medici. Tali ostacoli sono altresì all’origine di un’emigrazione massiccia di neolaureati e di giovani medici all’inizio della carriera attratti anche da retribuzioni più interessanti. Tra il 2010 e il 2018, oltre 8.800 neolaureati in medicina o medici già in possesso di una formazione completa hanno lasciato l’Italia per trovare un tirocinio o un posto di lavoro in un altro paese Europeo.
Per quanto riguarda il personale infermieristico, invece, i numeri sono sicuramente più negativi e ci collocano ben al di sotto della media europea.
L’Italia impiega meno infermieri rispetto a quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale (a eccezione della Spagna) e il loro numero è notevolmente inferiore alla media dell’UE (5,8 infermieri per 1.000 abitanti contro gli 8,5 dell’UE).
Di conseguenza anche il rapporto tra infermieri e medici resta uno dei più bassi dei paesi OCSE: 1,5. Ben al di sotto della media OCSE di 2,7, con un rapporto che è la metà di quello che hanno in Europa, ad esempio, Francia e Germania (uguale o superiore a 3), mentre il Regno Unito con 2,8 è comunque al di sopra della media⁵.
In questo contesto di difficoltà gli investimenti del PNNR sulle case di comunità mirano a ottimizzare la distribuzione delle risorse umane e potenziare il loro impatto attraverso la tecnologia e in particolare la telemedicina.
Il manuale Agenas declina così il loro ruolo:
‘Casa come primo luogo di cura e telemedicina: L’investimento mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 percento della popolazione di età superiore ai 65 anni.
L’investimento mira a:
Il report riporta un importante aumento dei progetti di salute digitale nel 2021: 369 iniziative segnalate rispetto alla rilevazione pre-pandemia (282) effettuata dal Ministero della Salute.
L’analisi dei dati raccolti mostra anche una maggiore focalizzazione sui pazienti cronici in fase post acuta.
Diverse best practice condotte per un tempo sufficiente a misurare gli outcome hanno mostrato i vantaggi dei servizi di telemedicina ben strutturati. Nella mappa delle buone pratiche riportata, il manuale elenca diversi progetti di assistenza domiciliare supportati da soluzioni di telemedicina.
La Regione Piemonte ha attivato eVisus per diffondere la dialisi peritoneale per i pazienti affetti da una particolare forma di malattia renale cronica consentendo la procedura in tele-monitoraggio presso il domicilio del paziente.
Il sistema è costituito da una stazione di controllo configurabile presso il Centro Operativo e di un totem posizionato presso il domicilio del paziente. Il totem è una struttura autoportante trasportabile, con telecamera, monitor touch screen, microfoni, router internet e telecomando, plug and play, certificato dispositivo medico di classe I. Inoltre, è in uso un software innovativo per la valutazione dell’autonomia dei pazienti per l’autogestione della DP.
In Trentino è attivo il progetto TREC un ecosistema di servizi in ambito di salute, che garantisce il controllo da parte del cittadino/paziente sui propri dati. Si avvale di una piattaforma fortemente integrata di eHealth interconnessa al Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) attraverso lo sviluppo del Personal Health Record. La piattaforma si avvale di micro-servizi scalabili e implementabili nel tempo. Attualmente prevede dei moduli per l’attivazione di servizi di telemedicina per i pazienti affetti da diabete e scompenso cardiaco, fra le cronicità più complesse da controllare.
Interessante la soluzione riguardante il riconoscimento delle prestazioni da remoto. Per il diabete è stata inserita per la specialistica ambulatoriale la codifica in nomenclatore tariffario 99.99.5 il controllo remoto dei pazienti diabetici (per seduta settimanale. Ciclo 4 settimane – tariffa 30,15 euro). Per il monitoraggio dei pazienti portatori di dispositivo dal 2016 è stata inserita la codifica di rimborso per il monitoraggio remoto con un massimo di 4 controlli/anno/paziente.
In Friuli è stato effettuato un esperimento (200 pazienti) di tele-monitoraggio a 360’ di pazienti fragili: SmartCare. Il servizio comprendeva un controllo remoto domiciliare di dati clinici e ambientali (pressione arteriosa, peso corporeo, frequenza cardiaca, ECG e SO2, sensore di cadute, parametri ambientali: fumo, acqua, gas, temperatura) con l’obiettivo di testare l’ipotesi che un modello strutturato di tele-monitoraggio remoto per pazienti affetti da patologie croniche (principalmente scompenso cardiaco), associato a una reale presa in carico socio-sanitaria potesse essere efficace nel ridurre i giorni di ricovero e sostenibile dal punto di vista delle risorse umane e organizzative.
Lo scenario ricostruito dal Manuale Agenas e l’insieme delle linee guida documentate costituiscono una solida base teorica per implementare l’utilizzo delle soluzioni ICT e di telemedicina a supporto nella gestione delle cronicità. La varietà delle soluzioni tecnologiche sperimentate con successo nel mitigare l’impegno di risorse professionali, prevenire complicanze e ricoveri e migliorare la qualità di vita dei pazienti mostra che per portare queste best practice a sistema la sfida non è tecnologica ma soprattutto culturale, normativa e implementativa.
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